Fanfiction di Luce

  1. Prima del pianeta blu

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    FF Prima del pianeta blu
    By Luce il 28 April 2024
     
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    PRIMA DEL PIANETA BLU

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    L’idea di scrivere questa storia, ha preso forma da un fumetto di Goldrake che avevo letto molti anni fa.
    Il racconto è stato inventato di sana pianta dagli autori, non c’entra niente con la realtà dell’anime.
    Ad ogni modo, visto che l’esilio del principe di Fleed prima di arrivare sulla Terra è durato quattro anni, credo che in questo lunghissimo lasso di tempo, più di una sosta planetaria ci sia stata.


    In un assolato pomeriggio di aprile, Actarus e Mizar avevano deciso di comune accordo di dedicarsi al giardinaggio: le piante erano cresciute moltissimo, quindi andavano travasate in vasi più capienti insieme al nuovo terriccio.
    “Ti ricordi Actarus, hai promesso di raccontarmi la storia di quella principessa…”
    “Oh, ma sei implacabile, Mizar! E va bene…”

    La Stella Antares brillava di luce propria e mi attirava come una calamita. Erano molti giorni che viaggiavo senza una meta precisa, decisi quindi di fermarmi lì.
    Atterrai in una città molto grande, era la capitale. Sapevo che era governata da una monarchia, come lo era stato il mio pianeta d’origine: in passato avevamo avuto qualche sporadico contatto diplomatico con loro.
    Appena toccai il suolo, vidi venirmi incontro una ragazza bellissima dai lunghi capelli biondi. I suoi occhi verde mare mi guardavano implorando una muta supplica. Si comportava come mi conoscesse, quasi ci fossimo dati appuntamento.

    “Ti aspettavo, principe di Fleed…”
    “Come? Noi non ci siamo mai visti” le risposi sbalordito.
    “Lo so, ma io e gli abitanti di Antares, abbiamo seguito per filo e per segno la tua tragica vicenda.”
    Abbassò gli occhi imbarazzata, poi continuò con voce sommessa.
    “La tua stella è stata distrutta dai feroci sicari di Vega… la tua famiglia… il tuo popolo… ohh!”

    Disse portandosi una mano alla bocca, poi alzò lentamente lo sguardo verso di me e proseguì.

    “Il feroce re Vega vuole sottomettere anche il nostro pianeta, qualche suo disco bellico ha già bruciato i nostri campi e alcuni paesi ai limiti della città. Agisce così per farci paura, per mandarci via, ma io non voglio… e così…”
    Si fece coraggio e proseguì: “Da alcuni giorni sembra ci sia una tregua che io ritengo solo apparente, quindi, quando il mio computer ha segnalato l’arrivo del tuo disco, ho subito pensato che fossi venuto qui in nostro aiuto. E’ così, vero?” chiese lei supplichevole, congiungendo le mani come stesse formulando una fervida preghiera.

    Prima di risponderle, volli osservare bene il luogo dove mi trovavo. Davanti ai miei occhi vidi subito la reggia: era molto grande e ben diversa da quella dove ero vissuto io. Un vasto edificio tutto a forma di torri in varie dimensioni di colore bianco azzurrognolo. La strada che conduceva al portone centrale era a curve e leggermente in salita. Ai lati sorgevano delle siepi molto basse e l’erba cortissima era di un verde diverso da quella che ero abituato a vedere; molto più chiara e brillante. C’era un laghetto pieno di ninfee dove nuotavano le anatre. Sembrava un posto disabitato, non c’erano rumori, l’aria era immobile.

    “Ti prego di scusarmi… non mi sono ancora presentata” disse lei, accorgendosi solo in quel mentre che aveva parlato di corsa e non aveva osservato l’etichetta che i rispettivi ruoli richiedevano.
    Gli tese la mano bianca e affusolata e gli disse fissandolo negli occhi: “Mi chiamo Myra e sono la principessa di questa stella. Entriamo nel palazzo.”

    Il portone era solo accostato e in ogni stanza regnava la penombra. Nessuno ci ricevette, sembrava un palazzo disabitato, benchè il perfetto ordine che regnava nei locali denunciasse la costante e molteplice presenza di domestici.
    Come avesse intuito la mia perplessità, si affrettò a spiegarmi la situazione.

    “Questo è il salotto, accomodati dove vuoi” disse lei indicando con la mano un divano e delle poltroncine di seta color oro antico.
    Si trattava in realtà uno dei numerosi salotti del castello, quello era il più piccolo e intimo della casa, il più adatto a ospitare due persone che ancora devono conoscersi e parlare di questioni di vitale importanza.
    Nel mezzo di quella stanza quadrata, c’era un tavolo di vetro molto grosso e delle sedie in stile semplice ed essenziale.
    Dal mobile bar, Myra prese una bottiglia e versò un liquido denso di amarena in due bicchieri. Mentre lisciava con le mani le pieghe del lungo e ricco abito di seta pesante di un rosa molto acceso, si decise a parlare tenendo lo sguardo fisso sul pavimento di legno scuro.
    “Dopo l’attacco di cui ti parlavo prima, i miei genitori hanno deciso che sarebbe stato meglio per loro allontanarsi per un certo periodo… io invece sono rimasta. Sono voluta rimanere qui a tutti i costi a difendere la mia patria, anche se in realtà non saprei come. I miei due fratelli sono andati via da alcuni anni e ci sentiamo di rado.”
    Tacque subito dopo. Era chiaro che gli argomenti trattati erano per lei molto pesanti e difficili, soprattutto in quel momento.

    “Cosa è poi successo?” chiese Mizar con impazienza, mentre portava con fatica un grandissimo vaso di terracotta.
    “E’ successo che, il giorno dopo, alcuni dischi provenienti da Vega hanno fatto di nuovo la loro comparsa. Non si aspettavano di trovarsi ad aspettarli il mio robot, quindi, dopo averli distrutti, non se ne sono più visti altri. La famiglia della principessa è tornata a casa e da quel momento sono vissuti sempre felici e contenti.”
    “Tutto qui?” chiese Mizar piuttosto deluso dalla piega che aveva preso la storia. Si sarebbe aspettato un racconto fantascientifico pieno di mostri giganti, esplosioni spettacolari, tradimenti, colpi di scena inaspettati, lacrimosi addii…
    “Tutto qui, certo. E adesso finiamo di sistemare questo vivaio prima di sera, d’accordo?”
    Il bambino tacque e obbedì piuttosto scontento. Sentiva che c’era molto di più, un fitto e intricato mistero impalpabile, ma pur vivo e presente.

    Aveva visto giusto infatti, ma quei fuori schermo, nemmeno Actarus li aveva potuti vedere, eppure c’erano stati e nel tempo l’avevano toccato da vicino. Molti personaggi che avrebbe poi incontrato sulla Terra come nemici inviati da Vega, erano passati proprio da Antares seguendo delle lunghe e spesse trame assai complicate.


    La Famiglia Reale di Antares

    “Ho vinto io anche questa volta!” disse Myra tutta trionfante, scrollando i lunghi capelli.
    “Diciamo piuttosto che ti ho lasciata vincere, è il giorno del tuo compleanno, no?” le rispose Mal, il fratello maggiore.
    “Cosa intendi dire? Che il premio ricevuto in quella famosa gara di fioretto, è stato per farmi un favore?” lo provocò lei, fissandolo con occhi scintillanti e le guance rosate per la gioia e lo sforzo appena compiuto.
    I due ragazzi si erano allenati di prima mattina nella grande palestra posta nel seminterrato del palazzo reale.
    Myra era una ragazza spigliata e moderna, poteva considerarsi a ragion veduta, una Lady Oscar aliena dei giorni nostri. La sua passione per lo sport non offuscava affatto la sua femminilità: poteva portare con la stessa disinvoltura gli abiti principeschi e quelli maschili da equitazione, senza che la sua grazia innata venisse a meno.
    “Esiste anche la fortuna dei principianti” continuò il fratello senza darsi per vinto, col preciso intento di farla arrabbiare.
    “E’ vero, ma quattro anni di allenamenti continui, non ti sembrano troppi per considerarmi ancora una principiante?”
    “Dipende…” abbozzò lui con un sorriso ambiguo.
    “Vuoi sempre avere ragione tu. Ma invece la più brava sono io!”

    Il piccolo battibecco venne interrotto dal segnale lampeggiante che videro sullo schermo.
    “Il dovere ci chiama, anzi, i nostri genitori reclamano la nostra presenza, andiamo; per oggi abbiamo fatto abbastanza qui, dobbiamo farci belli per la festa di stasera mia cara. Eh sì, non solo si festeggia il tuo compleanno, ma anche il tuo ingresso in società, quindi è ora che cominci a darti una sistemata, il tempo vola!”
    “Anche tu devi darti una sistemata, sai che ne hai molto bisogno?” gli rispose la sorella con lieve impertinenza nella voce e un sorriso di scherno.

    Entrarono nello studio del padre, dove entrambi i genitori li attendevano con trepidazione.
    “Abbiamo appena ricevuto le conferme per la festa di stasera. Verranno tutti, tranne i sovrani di Fleed, i quali ci hanno appena mandato una lettera dove si scusano moltissimo, ma hanno una lunga lista di impegni importanti e improrogabili” disse la madre con un lieve sorriso.
    “Però, vostro fratello Roy, ci ha appena comunicato che sarà qui puntualissimo” precisò il padre molto soddisfatto. Tutti i visi si illuminarono di gioia alla notizia.

    I tre fratelli si somigliavano molto fisicamente: i due maschi avevano dei folti capelli biondo scuro, gli occhi verdi. Myra aveva dei colori leggermente più chiari, l’incarnato avorio ereditato dagli avi materni.
    Erano molto uniti, nonostante le piccole schermaglie e battibecchi che ogni tanto si concedevano: del resto, non sfociavano mai in vere liti, anzi, erano sempre pronti ad aiutarsi in caso di necessità.
    Roy era il maggiore: un carattere estroverso e portato all’avventura. Aveva scelto la carriera militare, quindi la maggior parte dell’anno la passava fuori casa e quando tornava era pieno di novità e regali per tutti.
    Mal era il secondogenito e fin da bambino aveva dimostrato la passione per i numeri: teneva i conti con una precisione certosina e riusciva a sistemare tante pendenze. L’informatica non aveva mai avuto misteri per lui.
    Myra era piena di interessi, non stava mai ferma. Era capace di alzarsi all’alba e decidere di aiutare in cucina, poi correva in biblioteca dove si perdeva per ore e ore a leggere senza sosta. Gli sport maschili, l’equitazione e perfino il giardinaggio l’attiravano come una calamita.

    I genitori avevano pensato di organizzare una festa speciale per i suoi diciotto anni. Sapendola così attiva e piena di vita, avevano esteso l’invito a molte nobili famiglie delle vicine costellazioni; speravano in un vicendevole scambio di ospitalità, viaggi, nuove culture.
    Avevano aderito un centinaio di persone, e del resto la stagione era ideale. L’estate era alle porte, il clima giusto, si potevano mettere i tavoli nel grande patio all’aperto che era nel centro del castello.
    Sarebbero arrivati nel tardo pomeriggio e per chi lo avesse desiderato, l’invito sarebbe continuato per tutto il fine settimana.

    L’abito di Myra era tutto bianco e soffice come una meringa. Era il classico modello per le ragazze che iniziano ufficialmente la vita in società. L’aveva disegnato lei, poi era andata dalla sarta e le aveva spiegato nei dettagli come lo voleva: spesso andava a controllare come procedeva il lavoro, aveva paura che non corrispondesse ai suoi desideri. Ci teneva tanto a quel giorno, voleva che tutto fosse perfetto… perfetto come il filo di rarissime perle che aveva ricevuto in dono dai suoi genitori e che ora le adornavano il lungo collo di cigno.

    Gli invitati cominciarono ad arrivare. La famiglia reale al completo, li attendeva sui primi gradini del castello. Ad uno ad uno, si sarebbero presentati con un lieve inchino.


    Il ricevimento

    Tutti gli invitati arrivarono puntuali portando ognuno almeno un regalo. Erano molto eleganti, quell’eleganza tipica dei nobili, dall’apparenza semplice e senza fronzoli, ma che in realtà è molto fine e ricercata.
    La cena si svolse con elegante rapidità. Il lieve suono di un’arpa che li accompagnò fino alla fine, fu molto gradito da tutti.
    Finto di mangiare, lasciarono il patio e uscirono nell’immenso giardino che circondava tutto il castello.
    C’erano anche alcuni parenti della famiglia reale, i quali ebbero così modo di conoscere i regnanti delle stelle vicine.
    Il grande parco era stato decorato con una moltitudine di lampioncini colorati appesi agli alberi; dappertutto c’erano piccoli tavoli rotondi in ferro battuto e in un angolo, una piccola orchestra allietava la serata. Non era stato allestito un ballo vero e proprio, ognuno doveva sentirsi libero di svagarsi come preferiva, soprattutto avere l’opportunità di conoscere gente nuova.
    Anna e Carlo, i due cugini alla lontana di Myra, nonché complici di ogni genere di giochi e avventure fin dalla più tenera età, le corsero incontro e si fecero grandi feste: durante la cena erano stati piuttosto lontani e si erano salutati velocemente.
    “Ciao, carissima! Benvenuta tra gli adulti!” le dissero in coro i due fratelli ridendo. Loro erano di pochi anni più grandi di lei.
    “Era ora, finalmente! Adesso potrò fare tutto quello che mi pare e piace” disse Myra facendo una giravolta.
    Da lontano li osservava con sguardo decisamente scrutatore e piuttosto severo, il suo cugino di primo grado, Alan, di appena dieci anni. Era piuttosto basso di statura per la sua età, aveva i capelli lisci e cortissimi biondo cenere, gli occhi tanto chiari che a volte nel sole sembravano quasi bianchi. Gli occhiali di vetro sottile e dalla forma rotonda, gli conferivano un’aria da professore universitario, il suo sguardo ti perforava e non gli sfuggiva mai niente; osservava molto e parlava solo se ne aveva voglia, elargiva consigli, faceva appunti e pronunciava sentenze agli adulti su ogni cosa che secondo lui era sbagliata, in modo sintetico e ad effetto doccia gelata.
    Si avvicinò a Myra porgendole la mano e dopo avergliela stretta, esordì con cipiglio severo: “Cara cugina, ti auguro un buonissimo compleanno. Se ancora non ti è chiaro, sappi che da oggi in poi tu sei un’adulta responsabile, devi imparare a gestirti da sola, viaggiare, conoscere bene tutti i popoli, studiare moltissimo, conoscere tutte le regole di galateo a memoria.”
    Si fermò alcuni istanti per prendere fiato, poi continuò scrutandola con attenzione: “E’ inutile che ti ricordi che sei in età da marito, ed è ora che ti spicci a trovarne uno prima che sia troppo tardi.”
    Tutti e tre scoppiarono in una fragorosa risata. Quel bambino era troppo simpatico nei suoi modi, perché si prendeva molto sul serio, ma la sua aria da adulto supponente, si scontrava con quel suo aspetto da ragazzino che ha ancora molti anni davanti a sé prima di potersi definire grande.
    “Ti sei vestita abbastanza bene, non c’è male”, le disse sezionandola da capo a piedi.
    “Però, se fossi venuta a consigliarti con me, ti avrei fatto scegliere un altro modello e una diversa pettinatura… sì, non ti valorizza molto. Ad ogni modo, il voto è sufficiente.”
    Un altro scoppio di risa irruppe nell’aria, alla quale si erano unite alcune signore che avevano sentito quella lezioncina con voto finale.

    Alan ritenne terminata la sua funzione, quindi dignitosamente uscì di scena e si unì al gruppo di suoi coetanei che si stavano preparando per un gioco da tavolo.
    A soli dieci anni, era già in grado di liquidare complicate congetture tra adulti in una sola frase risolutoria e lapidaria. Un giorno, mentre era tutto impegnato a risolvere un complicato problema di algebra, una parte del suo cervello si era dissociata e aveva ascoltato una conversazione piuttosto drammatica.
    “Quell’uomo ha rovinato la sua vita e un’intera famiglia per seguire una ragazza di umili origini e con quei drammi alle spalle… un passato oscuro.”
    Quasi un’ora di discorsi ripetitivi, mormorati all’interno di un gruppo di donne pettegole.
    Alan era comparso nel rettangolo della porta e aveva liquidato l’intera vicenda con una sola frase: “Di solito si dice: se non si fosse innamorato di quella bella infelice, non sarebbe stato un uomo.”
    Come per incanto il chiacchiericcio si era spento come quando si stacca la corrente all’improvviso e ad una ad una, se ne erano tornate a casa propria; Alan, invece, al suo compito di matematica.

    Myra, Carlo e Anna si tennero e per mano e percorsero a piedi tutto il viale. Avevano tanta voglia di ascoltare i discorsi della gente a spizzichi, era uno dei loro divertimenti preferiti.
    Udirono queste frasi: “… si è ripreso da quella batosta, non c’è male, ma se l’è vista molto brutta… l’ho visto ringiovanito… non si usano più ormai i gioielli di granata, poi invecchiano… troppo chiari quei colori per una donna della sua età… e quanto rossetto, è volgare, non ha mai avuto buon gusto… credimi, è questione di giorni e il duca di Altair, dovrà dichiarare bancarotta… il re di Zari è così pieno di corna, che per passare dalla porta è costretto a piegarsi… l’ha sposato per i suoi soldi, lo sanno tutti… si è più saputo niente di quel figlio illegittimo… non sono stati invitati i re di Fleed alla festa?”
    “Com’è scema la gente!” sbottarono i tre ragazzi in coro, quindi corsero lontano dove c’era l’orchestra e si misero a ballare tra di loro.

    In un angolo del giardino si intravedeva il principe della stella Lupo, il principe Gauss, con la sua fidanzata Helen.


    Gli invitati

    I due giovani conversavano con un gruppo di persone provenienti da Zari. Si erano conosciuti tempo addietro durante un ritrovo di studenti, poi in un viaggio di gruppo alla ricerca di pianeti sconosciuti.

    Dal lato opposto del giardino, alcuni di scienziati discutevano davanti al tavolo dove venivano distribuite le bevande.
    Una giovanissima ragazza veghiana dai corti capelli a punta e di uno scialbo colore lavanda, si era avvicinata con un poco di timore all’ormai famosissimo ministro delle scienze Zuril. Voleva assolutamente parlargli, ma non osava farsi avanti, lei era ancora una studentessa, ma con la testa piena di idee molto fertili per le formule chimiche e gli esperimenti. Studiava e lavorava insieme al fratello, ora assente. Era venuta da sola ed era lì per caso: aveva preso il posto di una nobile famiglia del suo pianeta, i quali, all’ultimo istante erano stati costretti a rifiutare l’invito, ma al tempo stesso dispiaceva molto lasciare il posto vuoto, così avevano pensato di chiedere ad altri di andare a quella festa.
    Shira era stata pronta a cogliere l’occasione, visto che da tempo cercava di emergere tra i luoghi più esclusivi e quell’occasione non voleva lasciarsela sfuggire.
    Mentre si avviava lentamente con gli occhi rivolti a terra verso il bar, si scontrò con lo scienziato.
    “Oh, mi dispiace moltissimo!” mormorò lei.
    “Non fa niente… a proposito, come ti chiami? Non credo di conoscerti” le rispose Zuril fissandola con intensità, mentre raccoglieva da terra il tablet che gli era caduto durante lo scontro.
    Fatte le dovute presentazioni, i due si accomodarono in un tavolino in disparte e cominciarono a parlare fitto fitto di esperimenti, formule, chimica, fisica, cibernetica e progetti.
    Dopo oltre un’ora di questi scambi, Zuril decise che quella ragazza, dallo sguardo sfuggente e profondo al tempo stesso, era di un’intelligenza fuori dal comune e i suoi esperimenti gli sarebbero tornati utili per mettere a punto le armi adatte a progetti bellici invasivi. Si allontanò alcuni istanti e in disparte, contattò re Vega per notiziarlo di questa novità.
    Il re gli diede carta bianca su tutto: convenne anche lui che Shira sarebbe stata un’ottima alleata e non dovevano lasciarsela scappare.

    Nel cielo apparvero all’improvviso una moltitudine infinita di fuochi d’artificio enormi e di tutti i colori in segno di buon augurio. Alla fine, spiccarono in volo decine e decine di colombe addestrate, formando una perfetta e sincronizzata danza acrobatica. Provenivano dalla stella Delta: il comandante Haruk, appassionato di quei volatili, le aveva inviate come deferente omaggio per la festa della principessa.

    Il principe Gauss si staccò dal gruppo ed entrò nel guardaroba per prendere la sua giacca.
    Stava per tornare fuori, quando sentì il sussurro di una voce a lui molto nota e si fermò ad ascoltare.
    “Quando pensi di dirglielo?” chiese l’uomo.
    “Presto, appena tornati a casa… anzi, non dirò niente, scapperò via con te e ce ne andremo lontano. Ne avevamo già parlato, ricordi?” rispose la voce di Helen, la sua storica fidanzata, quella che Gauss avrebbe dovuto sposare di lì a pochi mesi, quella che, baciandolo con passione, gli ripeteva sempre di amarlo senza limiti, che la sua vita aveva avuto un senso senza di lui… e che ora invece progettava di lasciarlo e chissà da quanto tempo lo tradiva.
    Aveva sentito abbastanza, senza salutare nessuno prese la sua nave e con quella perfetta calma e freddezza dovuta allo shock, guidò fino a casa senza sentire niente dentro, solo una perfetta estraneità a tutto come fosse chiuso dentro un bozzolo; aveva solo fretta di arrivare, dimenticare quella festa, la gente, i discorsi e… Helen!
    In tutto l’orrore di quella squallida vicenda, un’immagine meravigliosa gli rimase per sempre impressa nella retina: lo splendido bracciale di diamanti che adornava perfettamente il polso di Helen… lo stesso col quale abbracciava languidamente il suo amante.
    Di lì a poco, avrebbe amaramente scoperto che la vera tragedia della sua vita era appena iniziata.
    In quella limpida notte di luna piena, re Vega, a tradimento, aveva attaccato la sua stella, rendendola all’istante arida e inospitale.
    Una volta arrivato in prossimità della sua reggia, Gauss aveva appena fatto in tempo a intravedere da lontano e in mezzo alla nebbia, Lonan, sua sorella, sentire il grido accorato, chiamarla, poi il nulla.

    Quella notte di inizio estate, la bramosia di un volgare usurpatore aveva calpestato senza pietà il fiore appena sbocciato della vita di tante persone.

    Ma l’odio chiama odio, la vendetta chiama vendetta. Così quel principe, lasciò per sempre insieme ai suoi sogni, quella figura diafana e delicata di giovane nobile che si affaccia alla vita e con impazienza ne coglie tutti i frutti. Divenne un uomo imponente dai tratti duri e decisi.
    E del lupo, oltre all’aspetto che mutava in lui nelle notti di plenilunio, ereditò l’avidità, la sete di potere e dominio e, soprattutto, la vendetta.
    Ma sempre e fino all’ultimo respiro, senza che lo volesse, gli occhi della mente vedevano la crudele bellezza di quei brillanti che adornavano il polso di una donna che credeva essere sua, ma che invece abbracciava un uomo senza volto che gliela aveva rubata.

    Li vide anche anni dopo, in quella notte stellata di luna piena, sulla Terra, quando il suo cuore venne trafitto a morte dall’alabarda spaziale di Goldrake…li vide fino all’ultimo respiro… su quel verde prato, dove la sua mano aveva afferrato con la forza della disperazione un fiore primaverile.
    Ma dentro, lui era già morto molti anni prima, su Antares, in una sera di inizio estate, quella sera che avrebbe potuto essere una delle più belle della sua vita.

    Epilogo

    Il principe di Fleed non seppe mai che il suo breve soggiorno sul pianeta Antares, avvenuto durante il suo lunghissimo viaggio nello spazio prima di trovare un porto sicuro sul pianeta blu e durato soltanto una manciata di giorni, aveva riunito i destini di tanti personaggi e intricate vicende, che poi avrebbe incontrato sul suo cammino e precisamente sulla Terra, quando venne minacciata dalla bramosia e sete di conquista di Vega.
    Su quel pianeta non c’era stata nessuna invasione veghiana, tranne una breve incursione senza gravi danni: eppure quella stella, per quei strani disegni che il destino ama dipingere sulla tela, aveva visto i semi che sarebbero sbocciati molto presto per fiorire in una immensa guerra interplanetaria.



    FINE
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